Diritti in Comune: sabato 5 in piazza a Roma per la pace
Di fronte all’intollerabile scenario di guerra che si è venuto a determinare con l’invasione russa dell’Ucraina, Diritti in Comune si unisce agli appelli per la pace e la diplomazia avanzati dal mondo delle associazioni, dei sindacati, degli enti pubblici e privati, laici ed ecclesiastici, dalla risoluzione ONU votata ieri e dalle parole inequivocabili della Costituzione italiana nel suo articolo 11.
In questo quadro, crediamo fermamente che:
- La popolazione civile va tutelata sopra ogni altro calcolo di interessi. Per questo ci uniamo all’appello per il ritiro immediato delle truppe d’invasione russe dal suolo ucraino, in quella che consideriamo una scellerata aggressione imperialista. Chiediamo l’impegno per una de-escalation che parta dalla messa in discussione dell’allargamento della NATO, a prescindere da Putin o da chiunque altro, per la creazione di spazi neutrali e disallineati che possano costituire il nucleo futuro di un mondo multipolare e un sistema di sicurezza condiviso tra le nazioni.
- I profughi che scappano da questa guerra devono essere accolti tutti, senza distinzioni, così come ogni migrante in fuga da qualsiasi guerra o situazione di instabilità nel proprio paese. L’accoglienza alle famiglie ucraine di questi giorni è encomiabile, tuttavia si registrano comprovati respingimenti dei non-bianchi e dei non-cristiani che fuggono dall’Ucraina in guerra. I paesi dell’est membri della UE stanno operando scelte illegali, discriminatorie e razziste ai propri confini, mentre prosegue la scandalosa esclusione dal sistema di accoglienza dei migranti afghani, in fuga dalla rappresaglia talebana. Vogliamo anche ribadire la nostra perplessità di fronte a quei soggetti politici che si dicono oggi per l’accoglienza dei cittadini ucraini ma hanno sempre manifestato politiche di aperta xenofobia o hanno ratificato in Parlamento misure razzializzanti come i decreti Minniti o il rifinanziamento del sistema-lager in Libia. Ci auguriamo che questa nuova sensibilità, soprattutto da parte dei cosiddetti partiti progressisti, sia l’inizio di una critica interna delle proprie scelte sbagliate in merito.
- Ci diciamo contrari ad ogni invio di materiale bellico offensivo in Ucraina. Condividiamo in merito le parole della Rete pace e disarmo secondo cui l’invio di armi non serve alla pace. Questo non solo per ragioni di etica morale, ma per motivi concreti: inviare armi in Libia, in Afghanistan, in Iraq, ha portato solo terrorismo e guerre civili permanenti. Esistono poi problemi logistici per l’Ucraina: non sappiamo a chi possono finire in mano e, anzi, possono diventare lo strumento che alimenta il conflitto tra milizie radicalizzate su entrambi i fronti. Crediamo nella via diplomatica, così come delineata e caldeggiata, tra gli altri, dall’assemblea delle Nazioni Unite e dal papa della chiesa cattolica. Crediamo che un’alternativa concreta, per aiutare le truppe regolari ucraine a difendere i civili, possa essere l’invio di aiuti umanitari e materiale non-offensivo (giubbotti anti-proiettile e altre forniture di protezione), così come proposto da alcune forze di governo europee. La via maestra resta la ricerca di una soluzione diplomatica, in fretta e senza indugi. Nessun analista militare vede possibile oggi una vittoria bellica dell’Ucraina, dunque l’alternativa è tra un conflitto mondiale contro una potenza nucleare, nel quale ci prendiamo tutti la responsabilità di intervenire direttamente, o la via diplomatica verso una soluzione non bellica, per la tutela degli equilibri, della pace globale, della sopravvivenza della specie umana.
- Il “fronte interno” politico e culturale che si sta delineando nella nostra società, è grave ed intollerabile. Episodi di russofobia, spesso paradossali, si registrano ormai dal mondo accademico a quello dell’arte. Le accuse verso il movimento pacifista assumono i toni dell’interventismo culturale che credevamo esserci lasciati alle spalle un secolo fa, con tanto di accuse di diserzione e rifiuto dell’analisi della complessità. Sappiamo che in Ucraina si scontrano interessi globali, anzitutto energetici, innestati su un conflitto etnico fomentato ad arte da entrambi i lati. Prendere la parte dei popoli aggrediti è giusto, mentre introiettare le ragioni di una parte dentro un conflitto etnico-identitario, per noi europei che dovremmo credere nella solidarietà tra i popoli, può essere l’inizio di una spirale pericolosa. Siamo per un’Ucraina plurinazionale e per un’Europa di tutti i suoi popoli. Per questo non accettiamo alcuna forma di censura di culture identificate come “nemiche” e mettiamo in guardia da una simile deriva dentro le nostre società, anche locali.
- Ancora una volta, come abbiamo sempre fatto come forza politica locale, ci schieriamo per l’autodeterminazione dei popoli contro l’arroganza degli imperi. Così come siamo stati in piazza nella nostra città per il Rojava contro l’invasione da parte della Turchia, per la Palestina contro le continue guerre sporche e le ripetute annessioni territoriali di Israele, oggi siamo accanto alle popolazioni dell’Ucraina nelle loro sfaccettate diversità, le loro legittime aspirazioni, consapevoli che andrà anzitutto ricercata una pace interna a quel meraviglioso paese, da Kiev al Donbass, verso una soluzione di convivenza, plurinazionalità, neutralità. Per quanto difficile, di fronte alle spinte imperialiste su entrambi i lati, crediamo sia il cammino che l’Ucraina e l’Europa tutta dovrebbero tentare.
Per tutte queste ragioni saremo in piazza sabato 5 marzo a Roma, accanto alla Rete pace e disarmo e le altre organizzazioni aderenti alla manifestazione per la pace in Ucraina. Dare un segnale con la nostra presenza è fondamentale. L’appuntamento dalla stazione di Ciampino, lato piazza L. Rizzo, è alle ore 13.20.